giovedì 12 novembre 2015

Escursione nella Riserva di Monte Catillo: curiosità botaniche.

di Maurizio Riccio


Durante la nostra passeggiata didattica abbiamo incontrato, inerpicandoci lungo la stradina che conduce da Casale S. Angelo fino a Colle Mariano, alcuni esemplari di Quercus suber, la quercia da sughero, latifoglia arborea sempreverde non sempre presente nel territorio italiano. La troviamo infatti soltanto lungo le coste  occidentali del Mediterraneo, nella quasi intera Spagna e in Italia lungo tutta la costa tirrenica, principalmente Toscana, in minor parte nel Lazio, Puglia, Campania e Calabria. E’ più diffusa nella isole, specialmente in Sardegna, dove in 60.676 ha ci sono circa 2 milioni e mezzo di piante in coltura.  Essa predilige terreni posti nel Lauretum medio,  derivanti dal disfacimento di rocce ignee acide (graniti, rioliti) e  piroclastiche ed eccezionalmente su suoli basici, quali calcari e dolomie se decalcificati (ferretti). La presenza nel territorio tiburtino risulta spiegabile secondo due diverse interpretazioni. Una, quella del Montelucci (1984), imputa questa presenza all’azione dell’aerosol formato dalle cascate limitrofe, che riempie la valle di umidità di cui la specie è amante. L’altra, che ho raccolto lungo i corridoi della facoltà di Agraria della Tuscia di Viterbo, indica invece la presenza come legata alle coperture tufacee che prima coprivano tutto il territorio e che oggi troviamo solo ai piedi dei rilievi e nelle valli, ipotesi che giustificherebbe la diminuita presenza areale che oggi registriamo.
Areale della Quercus suber - imm. Wikipedia

Quercus suber - imm. Wikipedia




Escursione didattica nella Riserva di Monte Catillo

di Felice De Angelis

Il giorno 7 novembre 2015 si è tenuta un’uscita didattica all’interno della Riserva Naturale di Monte Catillo, brillantemente organizzata dal Prof. Maurizio Riccio del Dipartimento di Scienze del Liceo Spallanzani, avente come obiettivo la conoscenza diretta della geologia e della botanica dell’area compresa tra Monte Catillo e Monte Sterparo.
L’escursione, che ha avuto come itinerario la carrareccia che da Via Quintilio Varo conduce a Fonte Bologna, ha visto la partecipazione delle classi di Liceo Scientifico 4aA e 4aI e di quelle delle Scienze Applicate 4aE e 4aL.
Oltre al Prof. Maurizio Riccio, geologo e forestale, hanno partecipato all’uscita didattica i 
Proff. Felice De Angelis, Luigi De Filippis e Tomaso Favale, tutti e tre geologi, e i Proff. Massimiliano Iannilli e Proietti Roberto. Un ulteriore accompagnatore è stato il naturalista esperto di erpetologia ed ex alunno del Liceo Spallanzani Niccolò Borgianni.
                                Mappa dell'escursione.
                               In cammino lungo Via Quintilio Varo.

                               Il Prof. Riccio illustra l’escursione.

                                Il gruppo dei docenti e degli accompagnatori: da sinistra
                                Niccolò Borgianni, Roberto Proietti, Tomaso Favale,
                                Felice De Angelis, Luigi De Filippis con la figlia Giulia, 
                                Maurizio Riccio, Massimiliano Iannilli.

                                Cartello esplicativo della riserva nel punto panoramico sopra
                                il Casale Sant’Angelo.

martedì 10 novembre 2015

CONFERENZE SPALLANZANI 2015
 
Un Pianeta in Trasformazione

Il Dipartimento di Scienze del Liceo Scientifico e Linguistico Statale “Lazzaro Spallanzani” è lieto di presentare un ciclo di conferenze che spazierà dalla Teoria della Tettonica delle Placche, con un’interpretazione integrata dei processi geodinamici globali, fino all’Evoluzione Animale e Umana, esplicatesi attraverso un lungo viaggio su quei continenti che, pur muovendosi lentamente ma continuamente, hanno generato habitat e opportunità per tutte le specie viventi. Verrà inoltre spiegata l’importanza dell’acqua come risorsa per la vita ma anche come fonte di rischio.

Geologia, Paleontologia e Paleoantropologia, se
ppur Scienze che studiano il passato e il presente del Pianeta Terra, in perenne trasformazione, ci aiuteranno a comprenderne meglio il futuro.                                                         

Lectiones Magistrales

25.11.2015
15.30-17.30 “Noi e i rischi geologici”

Prof. Gabriele Scarascia Mugnozza - Di
partimento di Scienze della Terra,
Sapienza Università di Roma

09.12.2015
15.30-17.30 “I grandi vertebrati della Campagna Romana”
Prof. Carmelo Petronio - Dipartimento di Scienze della Terra,
Sapienza Università di Roma

20.01.201615.30-17.30 “La geodinamica terrestre e i terremoti”
Prof. Carlo Doglioni - Dipartimento di Scienze della Terra,
Sapienza Università di Roma

27.01.2016
15.30-17.30 “Sulle tracce dell'evoluzione umana”

Prof. Giorgio Manzi - Dipartimento di Biologia Ambientale
Sapienza Università di Roma

10.02.2016
15.30-17.30 “Dove trova lo spazio l’acqua nel sottosuolo?”
Prof. Roberto Mazza - Dipartimento di Scienze,
Università Roma Tre

Le conferenze si svolgeranno presso l’Aula Magna del Liceo Spallanzani e sono aperte, oltre che agli studenti del Liceo, anche agli alunni degli altri Istituti e al pubblico.

mercoledì 28 ottobre 2015

Terremoto di magnitudo M 7.5 in Afghanistan

di Felice De Angelis

Il terremoto che ha colpito la regione dell'Hindu Kush, di cui si è già parlato preliminarmente nel precedente post, ha causato più di 200 vittime e notevoli distruzioni, principalmente nelle remote zone montuose al confine tra Afghanistan e Pakistan. La causa del sisma è da ricercare nel costante movimento di collisione tra la placca continentale indiana e la placca continentale asiatica, che produce il sollevamento continuo della grandi catene montuose dell'Himalaya, del Karakorum, del Pamir e dell'Hindu Kush.
Ulteriori notizie e approfondimenti possono essere trovati sul sito IRIS.
Di seguito una registrazione di circa un'ora dell'evento da parte del sismografo a larga banda del nostro liceo.

lunedì 26 ottobre 2015

Forte terremoto in Afghanistan. Rapporto preliminare.

di Felice De Angelis

Un forte terremoto di magnitudo M 7.5 ha colpito questa mattina alle 09:09:53 UTC (ora di Greenwich) la regione dell'Hindu Kush, nell'Afghanistan settentrionale. In un primo momento l'USGS (il Servizio Geologico degli Stati Uniti) aveva stimato una magnitudo di 7.7 sulla Scala Richter, poi corretta a 7.5. L'ipocentro è stato calcolato, sempre dall'USGS,  ad una profondità di 212,5 km. L'Hindu Kush è un'area ad alta sismicità ed è la propaggine occidentale delle giovani e geologicamente attive catene montuose del Pamir, del Karakorum e dell'Himalaya.
Localizzazione dell'epicentro. Immagine USGS.

Registrazione in tempo reale del terremoto in Afghanistan. Da notare la lunga coda di onde superficiali non ancora terminata a quasi due ore dalla scossa. Sismografo larga banda Liceo Spallanzani Tivoli (LTTV). Canale verticale Z.

domenica 25 ottobre 2015

Terremoto di Magnitudo 7.1 nel Sud Pacifico

di Felice De Angelis

Un terremoto di magnitudo M 7.1 ha colpito il 20 ottobre scorso le Isole Vanuatu nell'Oceano Pacifico sud-occidentale. L'ipocentro è stato localizzato lungo una superficie di Benioff alla profondità di 209 km.
Immagine USGS
Il terremoto è avvenuto a una distanza angolare di 144,96 gradi, corrispondenti a 16.137 km, dalla stazione sismica del Liceo Spallanzani. Quindi per la nostra stazione si è trattato di un terremoto avvenuto appena oltre la zona d'ombra dovuta alla presenza del nucleo terrestre e che va dai 103° ai 143° dall'epicentro di ogni terremoto.
Immagine Stazione Sismica Liceo Spallanzani Tivoli
La registrazione del sismografo del nostro liceo (Stazione LTTV) mostra chiaramente la mancanza delle onde secondarie o onde S, assorbite dal nucleo terrestre e un grosso impulso nel canale Z o canale verticale.
Ulteriori informazioni possono essere trovate sul sito IRIS.


Settimana del Pianeta Terra

di Felice De Angelis

Lo scorso 18 ottobre, nell'ambito della terza edizione della Settimana del Pianeta Terra, si è svolto il geoevento dal titolo "Tra le cave di travertino di Tivoli: una passeggiata tra storia, arte e natura".
Protagonisti della giornata, che ha visto la partecipazione di cinquanta persone, tra cui alcuni nostri colleghi dello Spallanzani, sono stati il dott. Zaccaria Mari, l'architetto Brunella Testi, il prof. Marco Giardini del Liceo Maiorana di Guidonia e, come esperto della geologia del travertino, il prof. Luigi De Filippis del nostro liceo.


                                Il dott. Zaccaria Mari e i partecipanti alla passeggiata nel
                                degrado di Ponte Lucano.                     Foto Felice De Angelis
                                Il degrado davanti il Sepolcro dei Plauzi.  Foto Felice De Angelis
                                Il prof. Marco Giardini a Ponte Lucano.   Foto Felice De Angelis
                                Il prof. Luigi De Filippis illustra la geologia del Bacino delle
                               Acque Albule davanti la Cava del Barco.
                               Foto Felice De Angelis
                                Il "Montarozzo del Barco"                    Foto Felice De Angelis


martedì 6 ottobre 2015

 
Scienze, Matematica e Fisica a convegno a Rovereto

Nei giorni 1-3 ottobre presso la sede di Trentino Sviluppo a Rovereto (Trento) si è tenuto un convegno organizzato dalla Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e la Valutazione del Sistema Nazionale di Istruzione del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur) dal titolo “Problem posing: un approccio costruttivista alla Matematica, alla Fisica e alle Scienze”. L’obiettivo principale delle tre giornate di seminari e lavori di gruppo, in modalità di full-immersion, era quello di incentivare l’acquisizione da parte dei docenti dei licei scientifici con l’opzione Scienze Applicate delle competenze relative al metodo del Problem Posing and Solving nell’insegnamento delle discipline matematico-scientifiche, anche in vista dei nuovi esami di stato che prevedono l’inserimento della Fisica e delle Scienze tra le seconde prove scritte. Il primo giorno i lavori sono stati aperti da un Seminario Scientifico Nazionale con il contributo del Museo Civico di Rovereto, del Dipartimento di Scienze dell’Università di Roma Tre, del Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino, dell’Accademia delle Scienze di Torino e con il supporto logistico dell’Azienda di Promozione Turistica di Rovereto e Vallagarina. Il programma del secondo e terzo giorno ha previsto invece lavori di gruppo per l’ideazione di “problemi” in contesti di realtà nel settore matematico-scientifico. Il Liceo Scientifico Statale “Lazzaro Spallanzani” di Tivoli è stato rappresentato da tre docenti di Scienze, i professori Felice De Angelis, Luigi De Filippis e Tomaso Favale, i quali oltre a partecipare al seminario hanno attivamente contribuito, quali esperti di Geologia, al gruppo di lavoro delle Scienze della Terra con una proposta dal titolo “Acqua su Marte”, lavorando fianco a fianco con i docenti del Dipartimento di Scienze dell’Università Roma Tre, i professori Roberto Mazza (docente di Idrogeologia) e Francesca Cifelli (docente di Geologia). All’inizio dei lavori il dirigente scolastico Anna Brancaccio, chairperson del convegno, nonché responsabile della piattaforma nazionale per le Scienze Applicate (http://ls-osa.uniroma3.it), ha comunicato i nominativi dei tutor dei vari gruppi di lavoro (Matematica, Fisica, Scienze della Terra, Chimica e Biologia) individuati dal Miur. Per le Scienze della Terra è stato nominato il professor Luigi De Filippis  del Liceo Spallanzani. L’attività dei tutor non si easurisce con il convegno di Rovereto, proseguirà infatti con il ruolo di moderatori nazionali della suddetta piattaforma, dove saranno caricati, discussi, migliorati e ottimizzati i lavori proposti dai singoli gruppi, al fine di creare una vasta banca dati utile all’innovazione e all’aggiornamento in chiave Europea dell’insegnamento delle discipline matematico-scientifiche nella scuola italiana.

Il Dipartimento di Scienze del Liceo Spallanzani


La sede di Trentino Sviluppo, in cui è stato ospitato il seminario scientifico del Miur.

  Da sinistra i professori De Angelis, De Filippis e Favale.

  Il gruppo di lavoro delle Scienze della Terra.

Il gruppo di lavoro delle Scienze della Terra.

mercoledì 30 settembre 2015


C'è acqua su Marte!

 Una valle e un cratere marziani con le evidenti tracce scure lasciate dai rivoli d’acqua


Mistero risolto: c’è acqua su Marte, liquida e salata

La Nasa: abbiamo le prove di tanti rivoli fantasma. «Appaiono d’estate e scompaiono d’inverno». La scoperta grazie a un 25enne nepalese trasferitosi negli Usa. 
 
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lunedì 21 settembre 2015

Il piano di Wadati-Benioff

di Felice De Angelis

Nel precedente post sul terremoto del Cile del 16 settembre scorso ho accennato al piano di subduzione con cui la placca pacifica scivola al di sotto di quella sud americana alla velocità di 6,3 centimetri l'anno.
Vediamo quindi cos'è un piano di subduzione, chiamato anche piano o zona di Wadati-Benioff.
Questa particolare struttura fu scoperta negli anni quaranta dello scorso secolo, indipendentemente l'uno dall'altro, dai sismologi Hugo Benioff, del California Institute of Tecnology e Kiyoo Wadati, dell'Agenzia Meteroeologica Giapponese.  Mentre studiavano i terremoti che che avvengono lungo le fosse oceaniche che bordano gli archi insulari dell'Oceano Pacifico ed in particolare quelli delle Isole Kermadec e Tonga, a nord-nord-est della Nuova Zelanda, notarono che gli ipocentri dei terremoti si susseguivano, formando un ideale piano  inclinato di circa 45 gradi, a partire da pochi chilometri di profondità fino a circa 700 chilometri. Successivamente tali superfici furono scoperte lungo tutti i margini attivi dei continenti ed associate ai movimenti delle placche litosferiche. Infatti si tratta di piani inclinati con cui la litosfera oceanica, a composizione basaltica, scivola al di sotto di quella continentale, a composizione granitica e quindi più leggera, fino ad essere completamente assimilata dal sottostante mantello. L'inclinazione di queste superfici di Wadati-Benioff varia dai 30 ai 60 gradi a seconda della densità della crosta oceanica in subduzione. La litosfera più giovane e calda, quindi più vicina alla dorsale oceanica dove si è generata, forma angoli più piccoli rispetto a quella più vecchia e fredda e quindi più lontana dalla dorsale di origine.

I terremoti sono generati dall'attrito delle due placche fino alla profondità di alcune decine di chilometri. Al di sotto sembra che le cause siano dovute a particolari reazioni chimico-fisiche nelle rocce e nei minerali della placca in subduzione, causate dall'aumento della pressione e della temperatura. Si possono avere fenomeni di disidratazione del basalto con la formazione di una roccia metamorfica di altissima pressione chiamata eclogite e cambiamenti di composizione chimica e struttura cristallina di alcuni minerali come l'olivina.



venerdì 18 settembre 2015

Terremoto di Magnitudo 8.3 in Cile

di Felice De Angelis

Un terremoto di magnitudo 8.3 ha colpito il Cile nella serata di mercoledì 16 settembre scorso.
L'ipocentro è stato localizzato a 25 km di profondità,  al largo della costa pacifica, 229 km a nord-nord-ovest di Santiago, la capitale dello stato. Il terremoto è stato avvertito distintamente in tutto il Cile e ha fatto scattare immediatamente un allarme tsunami in tutta l'area circumpacifica. La città costiera di Coquimbo è stata colpita da onde alte 4,5 m. A causa di questo sisma e delle sue repliche sono morte dieci persone e circa un milione sono state evacuate preventivamente dai centri abitati prossimi all'epicentro. Il terremoto si è generato lungo il piano di subduzione con cui la placca del pacifico scivola al di sotto di quella sud americana alla velocità di circa 6,3 cm l'anno.
Carta dello scuotimento del suolo (ShakeMap) realizzata dello United States Geological Survey. E' indicato l'epicentro.



Registrazione del terremoto cileno effettuata dalla stazione sismica del liceo. Canali E-W, N-S e verticale o canale Z. Lunghezza della registrazione otto ore.


La scossa non ha fortunatamente raggiunto la magnitudo del terremoto del 22 maggio 1960, che provocò almeno tremila vittime e onde di maremoto alte fino a 25 metri lungo le coste dell'intero Oceano Pacifico, che devastarono la città di Hilo nell'Isola di Hawaii. In quell'occasione si raggiunsero i 9.5 gradi della Scala Richter, la massima magnitudo mai registrata.
Siccar Point, il più famoso sito geologico al mondo, dove James Hutton gettò le basi della moderna Geologia Stratigrafica


La stratigrafia

Discordanze e lacune

Fenomeni come quelli sopra descritti lasciano tracce vistose nella successione delle rocce. Il primo a rendersene conto è stato, verso la fine del Settecento, il geologo James Hutton, l’iniziatore della Geologia moderna, che riuscì a interpretare correttamente la storia geologica di Siccar Point, una località lungo la costa scozzese del Mare del Nord (figura 1).
Figura 1

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Figura 1.  La discordanza angolare di Siccar Point, in Scozia. Strati di arenarie rosse del periodo Devoniano superiore (circa 370 milioni di anni fa), leggermente inclinate, giacciono in discordanza angolare sopra argilliti e arenarie del periodo Siluriano (tra 400 e 440 milioni di anni fa), molto inclinate. La serie di disegni sotto riportati riassume in modo schematico la successione di eventi che hanno dato origine alla discordanza. Si tenga presente che, nel caso generale, i sedimenti di ambiente continentale poggiati sulla superficie di erosione sono seguiti da sedimenti marini, a causa del ritorno del mare sulla terraferma (ingressione).
Hutton riconobbe che gli strati inferiori si erano formati in mare, dato che contenevano dei fossili caratteristici. In accordo con il principio di orizzontalità originaria, essi dovevano essersi formati come strati orizzontali. Infine, per il principio di sovrapposizione, Hutton concluse che quegli strati erano i più antichi della serie stratigrafica. Successivamente, gli stessi strati erano stati sollevati e deformati fino a emergere e assumere la giacitura quasi verticale che mostrano oggi. In seguito l’area era stata quasi del tutto spianata dagli agenti erosivi (fiumi), finché sulla superficie irregolare dovuta all’erosione si erano accumulati strati di nuove rocce sedimentarie. Queste nuove rocce appartenevano a una facies continentale: un ambiente arido costellato di lagune.
Nel caso descritto, la successione di eventi ha fatto sì che gli strati più antichi e quelli più recenti che li ricoprono mostrino giaciture diverse. Tale aspetto «geometrico» è descritto come discordanza angolare.
Una discordanza angolare è, in genere, facile da riconoscere e rappresenta un potente strumento di indagine. Nella storia geologica di qualunque regione, essa mette in luce che nel passato quella regione è stata sollevata e deformata fino a diventare una zona emersa, in genere sotto forma di catena montuosa; è stata poi erosa fino ad essere quasi spianata: infine, dopo che qua e là si sono formati nuovi depositi continentali, sull’antica superficie spianata è tornato il mare (ingressione) e si sono accumulati nuovi sedimenti: prima neritici, poi, con il tempo, pelagici. È possibile anche riscontrare una discordanza semplice, nella quale gli strati rimangono paralleli. Nel caso in cui i movimenti che interessano un’area avvengano secondo la verticale, gli strati già deposti si mantengono, infatti, orizzontali (figura 2).
Figura 2

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Figura 2.  Come si può formare una discordanza semplice. Le due fasi di sedimentazione marina (1 e 4) sono separate da una fase di deformazione che fa sollevare gli strati già formati mantenendoli quasi orizzontali (2), mentre l’erosione spiana le nuove terre emerse (3), per cui la giacitura della superficie sulla quale il mare può eventualmente tornare ad avanzare coincide in pratica con la giacitura degli strati (4).
In entrambi i casi di discordanza, per un certo intervallo di tempo si è avuta erosione e non si sono deposte nuove rocce: questi fenomeni danno luogo a una lacuna di sedimentazione.

(fonti: 1. Prof. Iain Stewart, youtube, 2. http://89-97-218-226.ip19.fastwebnet.it/web1/science/geo/strati_tetto2c_00.htm)

giovedì 23 luglio 2015

La NASA conferma la scoperta di un vecchio pianeta "cugino" della nostra Terra.

Il pianeta si chiama Kepler 452b e la sua esistenza è stata annunciata oggi dalla Nasa durante una conferenza stampa.


NASA’s Kepler Mission Discovers Bigger, Older Cousin to Earth

Kepler-452b and Earth
This artist's concept compares Earth (left) to the new planet, called Kepler-452b, which is about 60 percent larger in diameter.
Credits: NASA/JPL-Caltech/T. Pyle
Scale of Kepler-452b System
This size and scale of the Kepler-452 system compared alongside the Kepler-186 system and the solar system. Kepler-186 is a miniature solar system that would fit entirely inside the orbit of Mercury.
Credits: NASA/JPL-CalTech/R. Hurt
Kepler Planet Candidates July 2015
There are 4,696 planet candidates now known with the release of the seventh Kepler planet candidate catalog - an increase of 521 since the release of the previous catalog in January 2015.
Credits: NASA/W. Stenzel
Twelve Small Habitable Zone Kepler Planets
Since Kepler launched in 2009, twelve planets less than twice the size of Earth have been discovered in the habitable zones of their stars.
Credits: NASA/N. Batalha and W. Stenzel
Kepler-452 in space
This artist's concept depicts one possible appearance of the planet Kepler-452b, the first near-Earth-size world to be found in the habitable zone of star that is similar to our sun.
Credits: NASA/JPL-Caltech/T. Pyle
NASA's Kepler mission has confirmed the first near-Earth-size planet in the “habitable zone” around a sun-like star. This discovery and the introduction of 11 other new small habitable zone candidate planets mark another milestone in the journey to finding another “Earth.” 
The newly discovered Kepler-452b is the smallest planet to date discovered orbiting in the habitable zone -- the area around a star where liquid water could pool on the surface of an orbiting planet -- of a G2-type star, like our sun. The confirmation of Kepler-452b brings the total number of confirmed planets to 1,030.
"On the 20th anniversary year of the discovery that proved other suns host planets, the Kepler exoplanet explorer has discovered a planet and star which most closely resemble the Earth and our Sun," said John Grunsfeld, associate administrator of NASA’s Science Mission Directorate at the agency’s headquarters in Washington. “This exciting result brings us one step closer to finding an Earth 2.0."
Kepler-452b is 60 percent larger in diameter than Earth and is considered a super-Earth-size planet. While its mass and composition are not yet determined, previous research suggests that planets the size of Kepler-452b have a good chance of being rocky.
While Kepler-452b is larger than Earth, its 385-day orbit is only 5 percent longer. The planet is 5 percent farther from its parent star Kepler-452 than Earth is from the Sun. Kepler-452 is 6 billion years old, 1.5 billion years older than our sun, has the same temperature, and is 20 percent brighter and has a diameter 10 percent larger.
“We can think of Kepler-452b as an older, bigger cousin to Earth, providing an opportunity to understand and reflect upon Earth’s evolving environment," said Jon Jenkins, Kepler data analysis lead at NASA's Ames Research Center in Moffett Field, California, who led the team that discovered Kepler-452b. "It’s awe-inspiring to consider that this planet has spent 6 billion years in the habitable zone of its star; longer than Earth. That’s substantial opportunity for life to arise, should all the necessary ingredients and conditions for life exist on this planet.”
To help confirm the finding and better determine the properties of the Kepler-452 system, the team conducted ground-based observations at the University of Texas at Austin's McDonald Observatory, the Fred Lawrence Whipple Observatory on Mt. Hopkins, Arizona, and the W. M. Keck Observatory atop Mauna Kea in Hawaii. These measurements were key for the researchers to confirm the planetary nature of Kepler-452b, to refine the size and brightness of its host star and to better pin down the size of the planet and its orbit.
The Kepler-452 system is located 1,400 light-years away in the constellation Cygnus. The research paper reporting this finding has been accepted for publication in The Astronomical Journal.
In addition to confirming Kepler-452b, the Kepler team has increased the number of new exoplanet candidates by 521 from their analysis of observations conducted from May 2009 to May 2013, raising the number of planet candidates detected by the Kepler mission to 4,696. Candidates require follow-up observations and analysis to verify they are actual planets.
Twelve of the new planet candidates have diameters between one to two times that of Earth, and orbit in their star's habitable zone. Of these, nine orbit stars that are similar to our sun in size and temperature.
“We've been able to fully automate our process of identifying planet candidates, which means we can finally assess every transit signal in the entire Kepler dataset quickly and uniformly,” said Jeff Coughlin, Kepler scientist at the SETI Institute in Mountain View, California, who led the analysis of a new candidate catalog. “This gives astronomers a statistically sound population of planet candidates to accurately determine the number of small, possibly rocky planets like Earth in our Milky Way galaxy.”
These findings, presented in the seventh Kepler Candidate Catalog, will be submitted for publication in the Astrophysical Journal. These findings are derived from data publically available on the NASA Exoplanet Archive.
Scientists now are producing the last catalog based on the original Kepler mission’s four-year data set. The final analysis will be conducted using sophisticated software that is increasingly sensitive to the tiny telltale signatures of Earth-size planets.
Ames manages the Kepler and K2 missions for NASA’s Science Mission Directorate. NASA's Jet Propulsion Laboratory in Pasadena, California, managed Kepler mission development. Ball Aerospace & Technologies Corporation operates the flight system with support from the Laboratory for Atmospheric and Space Physics at the University of Colorado in Boulder.
For more information about the Kepler mission, visit:
A related feature story about other potentially habitable planets is online at: http://www.nasa.gov/jpl/keplers-newest-planetary-find-joins-a-pantheon-of-planets-with-similarities-to-earth
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Felicia Chou
Headquarters, Washington
202-358-0257
felicia.chou@nasa.gov
Michele Johnson
Ames Research Center, Moffett Field, Calif.
650-604-6982
michele.johnson@nasa.gov

martedì 21 luglio 2015

Una tettonica a placche anche per Marte
(estratto da lescienze.it del 13 luglio 2015)

L'analisi della composizione di alcune rocce marziane - effettuata con la ChemCam del rover Curiosity - ha rivelato un elevato tenore di silicio, che le rende molto simili a quelle della crosta continentale della Terra. Ciò suggerisce che in un antico passato anche Marte sia stato interessato da una tettonica a placche. (red)

Il sito di atterraggio su Marte del rover Curiosity – il cratere Gale - è ricco di rocce silicee, e questo indica che il Pianeta Rosso ha avuto un passato geologico molto simile a quello della Terra. Più precisamente, la scoperta suggerisce che anche su Marte si siano svolti  fenomeni magmatici complessi correlati alla comparsa di una tettonica a placche, con processi di subduzione (reimmersione) delle prime placche e una loro parziale riemersione. A questa conclusione è giunto un gruppo internazionale di ricercatori che firma un articolo pubblicato su “Nature Geosciences”.

Cortesia NASA/JPL-Caltech/MSSS
Negli ultimi anni l'analisi dei dati ottenuti attraverso l'osservazione spettroscopica del suolo da parte delle sonde orbitanti attorno a Marte e da meteoriti di origine marziana ha migliorato notevolmente la comprensione dell'evoluzione geologica del pianeta, ma non aveva ancora permesso di chiarire i processi magmatici in atto durante il primo periodo della sua formazione, fra 4,1 e 3,7 miliardi di anni fa.

Nel nostro pianeta, la differente composizione della crosta continentale, meno densa e ricca di silicio, rispetto a quella della crosta sotto gli oceani, è attribuita proprio alla comparsa della tettonica a zolle. Finora si riteneva che la crosta marziana non avesse subito quel tipo di rivolgimenti e che dovesse essere composta in prevalenza dagli scuri e più pesanti basalti, anche se già la missione Mars Pathfinder nella seconda metà degli anni novanta del secolo scorso aveva identificato alcuni depositi isolati di materiali più chiari che potevano essere ricchi di silice.

Schema del funzionamento della ChemCam (Cortesia CEA)
Ma l'esame dei dati relativi a 22 rocce trovate in punti differenti del cratere Gale e analizzati dalla ChemCam di Curiosity – un sofisticato strumento che usa un fascio laser a infrarossi per portare lo strato superficiale della roccia allo stato di plasma ionizzato di cui poi analizza le emissioni con tre spettrometri – ha ora scoperto che le rocce di colore chiaro sono effettivamente ricche di silicio e che alcune di esse hanno una composizione molto simile ad alcuni dei più antichi materiali continentali presenti sulla Terra.

Questo fatto, unito alla diversità di composizione e di granulometria delle rocce silicee, e alla bassa densità media della crosta nell'emisfero meridionale di Marte, fa supporre che le rocce magmatiche ricche di silicio possano costituire una frazione significativa dell'antica crosta marziana, analoga alla prima crosta continentale sulla Terra.

martedì 2 giugno 2015



di Felice De Angelis


Nel precedente post abbiamo parlato dei primi cinque anni di vita della stazione sismica del nostro liceo. Vediamo ora come è stata realizzata e quali sono le sue caratteristiche tecniche.

Il cuore della stazione è un sismografo modello SS-08 progettato e prodotto dalla SaraElectronic Instruments di Perugia. Si tratta di un velocimetro larga banda a bilanciamento di forze a tre componenti. La banda passante, che va da 60 secondi a 30 Hz, permette di registrare terremoti che avvengono in qualsiasi luogo della Terra.


Dal sismografo il segnale, tramite un cavo lungo circa 3 m, arriva ad un digitalizzatore che converte il segnale da analogico a digitale. Questo strumento è il modello SR047/C3 della Sara Electronic Instruments. Il collegamento con il computer su cui vengono registrati i dati avviene attraverso una porta seriale collegata con quella del computer tramite un cavo microfonico a due poli più calza isolante, lungo 27 m. Questa tipologia di collegamento, suggerita da Mauro Mariotti, titolare della Sara Electronic Instruments, si è rivelata molto più affidabile di quella provata all’inizio tramite convertitore ethernet e cavo di rete.
Il segnale viene acquisito tramite il programma Seismolog-edu, facente parte della sute Seismowin, sviluppata dalla Sara Electronic Instruments.
L’analisi dei sismogrammi avviene con programmi sia semiprofessionali che professionali, come il WinQuake, il SeisGram2K, il Seismosurvey e il Seimoresp, questi ultimi due facenti parte della suite Seimowin.
In tempo reale il programma Seismodrum, sempre della suite Seismowin, genera tre tracce virtuali secondo le tre componenti del moto, analoghe alle vecchie tracce scritte da un pennino su tamburi di carta che andavano sostituiti giornalmente. È quindi possibile visualizzare le registrazioni dei canali Nord-Sud, Est-Ovest e verticale o canale Z. Questi drum virtuali vengono inviati in tempo reale, tramite il programma Seismolink, al sito web della stazione sismica, sviluppato dal collega Tomaso Favale.
Da aprile 2011 la stazione sismica è parte integrante della IESN, la Rete SismicaSperimentale Italiana, diretta da Ancona dall’avvocato Francesco Nucera. Dal 1 gennaio 2012 la IESN è ufficialmente accreditata come Agenzia Sismica presso il database internazionale dell’ISC, l’International Seismological Centre, con sede a Thatcham nel Berkshire, Regno Unito. Il codice identificativo assegnato alla rete IESN è IZ, mentre quello assegnato alla nostra stazione è LTTV.

Veniamo ora ai dati costruttivi della stazione. Il sensore è posto in un pozzetto in calcestruzzo, profondo 80 cm, situato nell’angolo nord-ovest del giardino interno del liceo. L’intera opera è stata progettata e realizzata dallo scrivente e dal collega Tomaso Favale. Consiste in una struttura in calcestruzzo con al centro un pozzetto di plastica munito di coperchio, sporgente 15 cm dal piano campagna. Sul fondo di questo pozzetto è stata fissata, tramite calcestruzzo, una lastra di marmo, come base per il sismografo. Intorno a questa struttura è stato costruito, con mattoni per cortina, un ricovero ricoperto da un tettino metallico amovibile. Prima del posizionamento del sensore le pareti interne dell’alloggiamento sono state rivestite con uno spesso strato di polistirene, mentre tra il coperchio di plastica e il tetto metallico è stato posizionato un doppio strato di lana di roccia. Tutto questo per garantire un elevato isolamento termico allo strumento.




Contemporaneamente a ridosso della parete interna del liceo, il più vicino possibile al suddetto pozzetto, è stato realizzato, sempre con mattoni da cortina, il vano per il digitalizzatore e il suo alimentatore. Gli strumenti sono chiusi all’interno di due scatole stagne e l’intero ricovero è a sua volta chiuso con un tettino fisso e uno sportello, ambedue in lamiera.



Il collegamento tra i due alloggiamenti avviene attraverso un tubo di plastica avente un diametro interno di 10 cm, interrato ad una profondità di circa 15 cm. In questo tubo è stata inserita una guaina per fili elettrici di 8 cm di diametro, dentro cui passa il cavo che unisce il sismografo con il digitalizzatore.
A quest'ultimo è anche collegata, tramite un cavetto lungo 10 m, un’antenna GPS. Infatti la sincronizzazione sull’ora di Greenwich del suo orologio interno, che avviene tramite il segnale emesso dai satelliti GPS, è indispensabile per il calcolo delle distanze epicentrali.

Infine, tra qualche mese, per poter svolgere ancor meglio il suo lavoro, la stazione sismica del Liceo Spallanzani sarà potenziata con un sismografo a lungo periodo in configurazione Lehman e con un geofono da 4,5 Hz.

martedì 26 maggio 2015

il team di lescienzedellospallanzani


Cinque anni fa, il 24 maggio 2010, furono inaugurati i nuovi laboratori del Liceo Spallanzani, finanziati dalla Fondazione Roma. Tra essi c’era anche la stazione sismica, dedicata a un pioniere della sismologia moderna, l’italiano Timoteo Bertelli.


In questi cinque anni il nostro sismografo ha svolto un egregio e continuo lavoro, registrando eventi sia lontani che vicini. Rilevanti sono state le registrazioni del terremoto del Giappone del 2011 e quella del recente terremoto che ha colpito il Nepal. Anche eventi italiani, come la sequenza sismica del maggio-giugno 2012 in Emilia, sono stati registrati con successo.





Questi dati, oltre ad essere conservati, catalogati, studiati ed utilizzati anche durante le lezioni, vengono condivisi con la IESN, la Rete Sismica Sperimentale Italiana, di cui la nostra stazione sismica è parte integrante.
Presto, per poter svolgere ancor meglio il suo lavoro, la stazione sarà potenziata con un sismografo a lungo periodo in configurazione Lehman e con un sensore verticale da 4,5 Hz.